Bullo o Vittima?

BULLISMO2-200Che cos’è il bullismo? – Il bullismo (dall’inglese “bullying” tiranneggiare, spadroneggiare, intimidire) può in generale essere definito come un’azione che mira deliberatamene a fare del male, a danneggiare un altro individuo. Sostanzialmente il bullismo rappresenta un abuso sistematico di potere del ragazzo o ragazzi che si rendono autori di prepotenze ai danni di uno o più compagni di scuola.

Gli episodi di bullismo avvengono soprattutto a scuola, ove i ragazzi trascorrono gran parte del loro tempo ed è ovvio che la reazione più normale sia quella di sconcerto, di fronte a simili dimostrazioni di violenza in soggetti così giovani, che la nostra immaginazione vorrebbe invece puri, innocenti, ed incapaci di compiere il male.

Identikit del bullo

Una caratteristica distintiva dei bulli, implicita nella loro stessa definizione, è l’aggressività verso i coetanei, ma i bulli, sono spesso aggressivi anche verso gli adulti, sia genitori che insegnanti. I bulli sono spesso impulsivi, hanno un  forte bisogno di dominare gli altri, in concomitanza con una scarsa empatia nei confronti delle vittime, e ad un’opinione relativamente positiva di se stessi. Le cause di comportamenti di bullismo sono diverse, anche interrelate tra loro:I bulli hanno un forte bisogno di potere e di dominio, per cui sembrano godere nel controllare e nel sottomettere gli altri. Frequentemente questi ragazzi, crescono in condizioni familiari inadeguate! “Poco amore, poca cura e troppa “libertà” nell’infanzia sono condizioni che contribuiscono fortemente allo sviluppo di questo modello aggressivo”.

Identikit della vittima

Le vittime sono solitamente più ansiose e insicure degli studenti in generale, spesso caute,sensibili e calme; se attaccate da altri studenti, in genere reagiscono piangendo (almeno nelle prime classi) e chudendosiin se stesse. Soffrono di scarsa autostimae hanno un’opinione negativa di sé stessi  e della propria situazione, spesso si considerano fallite e si sentono stupide, timide e poco attraenti; solitamente, vivono a scuola una condizione di solitudine e di abbandono, di regola, non hanno un buon amico in classe. Nella prima infanzia, le vittime, rispetto ai ragazzi in generale, hanno avuto rapporti più intimi e più positivi con i loro genitori, in particolare con la madre; questo stretto rapporto, è talvolta interpretato come espressione di iperprotezione (Olweus, 1973a; 1978).

I tipi di bullo

1. IL BULLO DOMINANTE. Questi sono ragazzi per lo più maschi, più forti fisicamente o psicologicamente rispetto ai compagni.Presentano una elevata autostima, e sono caratterizzati da un atteggiamento favorevole verso la violenza. Dal punto di vista delle credenze e della rappresentazione del problema, ritengono che l’aggressività possa essere positiva poiché aiuta ad ottenere ciò che si vuole e sono sempre pronti a giustificare il proprio comportamento assumendo atteggiamenti di indifferenza e scarsaempatia verso la vittima.

2. IL BULLO GREGARIO. Sono ragazzi più ansiosi dei primi, spesso con difficoltà a livello di rendimento scolastico, sono poco popolari nel gruppo ed insicuri. In genere tendono a farsi trascinare nel ruolo di aiutante o sostenitore del bullo poiché questo comportamento può dar loro un’identità ed un’opportunità di affermazione all’interno del gruppo.

3. IL BULLO-VITTIMA. Sono definiti anche vittime aggressive o provocatrici, i quali pur subendo le prepotenze dei compagni mostrano uno stile di interazione di tipo reattivo e aggressivo. Spesso sono bambini emotivi, irritabili e con difficoltà di controllo delle emozioni; Il loro comportamento agitato, accompagnato spesso da difficoltà sul piano cognitivo e dell’attenzione e da modalità provocatorie verso gli altri, innesca facilmente un circolo vizioso di elevata conflittualità. Sono molto impopolari tra i compagni e provengono da contesti familiari altamente conflittuali e coercitivi.

I tipi di vittima

1. LA VITTIMA PASSIVA. Sono ragazzi tendenzialmente passivi che non sembrano provocare in alcun modo le prepotenze subite: sono soggetti calmi, sensibili e contrari all’uso della violenza e, se maschi, più deboli fisicamente rispetto alla media dei compagni.Sono caratterizzati da un “modello reattivo ansioso o sottomesso” che segnala ai bulli la loro insicurezza, la passività e la difficoltà a reagire di fronte alle prepotenze subite.

2. LA VITTIMA PROVOCATRICE. Sono ragazzi che col loro comportamento irrequieto, iper-reattivo ed irritante provocano gli attacchi subiti e spesso contrattaccano le azioni dell’altro. Questa categoria di vittime è sovrapponibile a quella dei “bulli-vittima”,ossia di quei soggetti che ottengono punteggi sopra la norma sia di vittimizzazione che di bullismo, in quanto, oltre ad agire le prepotenze, le subiscono pure. Alcuni autori hanno fornito elementi di integrazione alla definizione originaria, sottolineando in modo particolare la natura di gruppo del fenomeno sottolineando infatti che l’85% degli episodi di bullismo avvengono alla presenza dei coetanei e che gli altri componenti del gruppo possono assumere una varietà di ruoli diversi: possono agire in parallelo al bullo, essere sostenitori del bullo, osservatori, e più raramente intervenire per fermare gli episodi di prepotenza.

Strategie possibili per contenere il fenomeno

Non si può minimamentepensare che esista una strategia unica per arginare il fenomeno del bullismo, in quanto, come tutte le altre devianze, non può essere affrontato in modounidirezionale. Occorre infatti conoscere le cause che lo hanno generato, considerare nei diversi casi presi in esame, i fattori di rischio e quelli protettivi, riconoscendo la possibilità del singolo individuo di autodeterminarsi, ossia di poter scegliere di cambiare.

La soluzione non sta certo nella repressione, ma nella promozione di una cultura e di unaatmosfera di condivisione e di uguaglianza, attraverso la creazione di un corpus di regole di convivenza possedute e stabilite, a cui “tutti” docenti, alunni e genitori, possano fare riferimento.

Gli adulti, siano essi genitori, insegnanti od altre persone a contatto con i giovani, è importante  che siano consapevoli del loro ruolo, che richiede un’attenzione ed unasensibilità educativa nei confronti di qualsiasi ragazzo.

L’adulto non si deve quindi sottrarre dall’impostare una relazione educativa di tipo coevolutiva, dove, insieme poter superare eventuali schemi o rigidità dei rispettivi ruoli,per scoprirenel rispetto l’uno dell’altro e nella relazione quotidiana, nuovi originali percorsi per la crescita e lo scambio individuale.

Se la presenza del fenomeno risulta fortemente correlata al clima e alla dinamica interna al gruppo, sul piano degli interventi, diventa prioritario quindi, agire a livello di gruppo-classee di sistema scolastico nel suo complesso. In collaborazione tra lo psicologo, il corpo docente e le famiglie creare contesti gruppali dove promuovere abilità cognitive e sociali, utili per lo sviluppo delle persone sia sul piano individuale che emotivo.

Favorire il confronto relazionale per far emergere le parti migliori dei ragazzi come l’empatia, l’impegno personale, la collaborazione, la solidarietà e la responsabilità.Vittime e carnefici sembrano entrambi carenti di un contesto educativo significativo: i primi ne hanno bisogno per essere tutelati da sopraffazioni e umiliazioni, per sviluppare con meno tensioni, autonomie proprie e buone capacità difensive, i secondi per imparare le regole base della civile convivenza (rispetto degli altri, controllo degli impulsi…) e per essere sensibilizzati alla socialità e solidarietà.

Prevenire ed affrontare il bullismo, quindi significa non solo identificare vittime e prepotenti, ma affrontare ed intervenire sul gruppo dei pari nel suo insieme!

Bibliografia

Ciucci E., Smorti A. (1998), “Il fenomeno delle prepotenze nella scuola: problemi e prospettive di intervento”, in Psichiatria

dell’infanzia e dell’adolescenza”, 65, 2, marzo-aprile, 147-157.

Fonzi A. (a cura di), (1999), Il gioco crudele. Studi e ricerche sui correlati psicologici del bullismo. Firenze, Giunti.

Genta M.L. (a cura di, 2002), Il bullismo. Ragazzi aggressivi a scuola, Carocci, Roma.

Gini, G. (2005), Il bullismo. Le regole della prepotenza tra caratteristiche individuali e potere nel gruppo. Edizioni Carlo Amore,

Menesini E., Benelli B. (1999), L’operatore amico, Psicologia contemporanea, 153, 51-55.

Dott.ssa Veronica Benincasa

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